Quando scoprii di essere incinta non conoscevo i passi necessari per richiedere un’Interruzione Volontaria di Gravidanza (IVG).
Istintivamente, la prima cosa che feci fu consultare la mia ginecologa del tempo, fiduciosa che avrebbe saputo come aiutarmi. Quando le confidai che avrei voluto ricorrere all’IVG ero serena e sollevata all’idea di avere una persona che stimavo a cui poter rivolgermi, sempre infatti, si era dimostrata di mente aperta e competente. Di fronte alla mia richiesta mi scontrai con un aspetto che non avevo per nulla considerato e di cui all’epoca non conoscevo la portata: l’obiezione di coscienza.
Sentii tutta quella serenità svanire mentre ascoltavo una risposta che non avevo previsto arrivare : “Non so cosa dirti, io sono obiettrice” disse.
Ricordo che dopo una breve pausa aveva aggiunto: “Io mi dedico a creare la vita tutti i giorni in ospedale”. Quelle parole avevano tagliato di netto l’aria della stanza che d’improvviso si era fatta più pesante, perlomeno per me.
Non solo stava respingendo la mia richiesta d’aiuto, privandomi di qualsiasi informazione utile sul da farsi, ma era riuscita anche a farmi sentire in torto.
Non riuscivo a capire dove avessi sbagliato, ero certa che la mia ginecologa fosse una persona di competenza, quella giusta a cui rivolgersi a maggior ragione per questioni di natura urgente come una gravidanza che non avevo programmato, eppure mi sentii come se fossi andata a cercare la carne al mercato del pesce.
Il mio senso di smarrimento si ingigantì quando decisi di contattare un’altra ginecologa, la quale, non avendo più contatto con l’ospedale da tempo, mi rispose che non disponeva di informazioni utili e aggiornate. Mi disse che una volta era a conoscenza di un ospedale dove si praticava ma che al momento non ne era più certa. Obiettrice anche lei? Probabilmente.
Il terzo tentativo ebbe un miglior riscontro, ottenni finalmente il certificato per l’IVG e le informazioni che cercavo. La ginecologa del consultorio comunque dopo aver fatto l’ecografia per confermare lo stato di gravidanza mi chiese che lavoro facessi, facendomi intendere che legittimava la mia scelta solo in caso di contingenze economiche. Il fatto di essere una studentessa mi salvò da chissà quale altro infimo commento.
Quando finalmente arrivai in ospedale l’accoglienza non fu tra le più calde ma finalmente la mia richiesta era stata presa in carico.
Ripensandoci ora, se solo fossi stata al corrente della pratica di obiezione di coscienza della mia ex-ginecologa so che avrei avuto la possibilità di affrontare l’esperienza in maniera qualitativamente molto diversa. La sensazione di impotenza e il sentimento di colpa che genera il trovarti a dipendere da personale obiettore è qualcosa che dovrebbe essere risparmiata a tutte le persone che sono in procinto di scegliere, o hanno già scelto, per l’IVG.
Conoscere se il personale medico che assiste un momento vulnerabile come la scoperta di una gravidanza non pianificata sia o meno obiettore risulta fondamentale quindi, affinché siano garantiti fin dai primi momenti informazione e accompagnamento empatico che incrementano o preservano l’autonomia decisionale, portando a una scelta serena e consapevole.
Decidere se avere o non avere figl* è infatti una scelta che dovrebbe essere presa con tutta l’informazione a disposizione e accompagnata da adeguati pareri professionali. Invece quando ci rivolgiamo a personale medico obiettore incappiamo in domande intrusive o fuorvianti, atteggiamenti stigmatizzanti verso la scelta di interrompere una gravidanza non pianificata, pareri imparziali e personali, informazioni parziali o disinformazione che invalidano a monte la libertà all’autodeterminazione.
Nel caso in cui la persona abbia poi la necessità urgente di praticare un’ IVG, conoscere e quindi evitare il personale obiettore diventa ancor più necessario in quanto permetterebbe di prevenire eventuali ostacoli o problemi di tempistica che troppo spesso rendono l’IVG impraticabile nel nostro paese.
Chiedere al* propri* ginecolog* se è obiettor* inoltre, può aiutare a sensibilizzare il personale obiettore stesso sulla necessità di informare pazienti sulla propria posizione in tempi adeguati ed eventualmente indicare alternative valide per soddisfare le loro esigenze. E’ importante focalizzare la nostra attenzione su tutto il personale medico e non, e sul loro atteggiamento riguardo le scelte sessuali e riproduttive dei corpi con capacità gestante e spingere affinché si crei un registro del personale sanitario che esercita l’obiezione.
Sentirsi in diritto di chiedere a* propri* ginecolog* cosa pensano riguardo l’IVG e soprattutto cosa farebbero se si trovassero di fronte un* paziente che necessita tale pratica per una gravidanza non programmata significa essere consapevoli dei propri diritti sessuali e riproduttivi e poterli esercitare appieno. Significa vigilare sullo stato di salute del diritto a interrompere una gravidanza per tutte quelle persone che ne avranno bisogno, anche se magari non saremo proprio noi direttamente. Significa cominciare a premere sul personale medico-ginecologico riguardo la necessità di un approccio non giudicante su questi temi e dalla parte de* pazienti. Significa cominciare a costruire insieme una cultura di reale apertura verso tematiche di salute sessuale e riproduttiva e le scelte di autodeterminazione sostituendo quella dello stigma che ci opprime da troppo tempo.
Chiara Capanna